Continuando a chiacchierare di “tecnica” non possiamo che arrivare alle capacità condizionali, però non aspettatevi la lezioncina da Scienze Motorie, il web è pieno di tesine fatte più o meno bene, piene di definizioni, così come esistono libri e manuali che parlano di questa roba. Io invece voglio fare le mie personali considerazioni su questa roba, delle note a margine.
Le capacità condizionali riguardano la “condizione” del soggetto, le sue caratteristiche fisiologiche ed anatomiche che portano all’erogazione di energia. Queste capacità sono, infatti, forza, velocità e resistenza che tutti conoscono e che tutti pensano di saper definire. Ok, provateci: che significa “forza”? Mmmmm è più complicato di quanto si pensi, uno di quei concetti che è sicuramente nella nostra testa ma che poi quando lo vogliamo esplicitare a parole non ci riusciamo.
La forza è una capacità motoria indispensabile non solo per la performance sportiva ma in generale per la sopravvivenza dell’Uomo, ed è stata pertanto abbondantemente studiata. Esistono moltissimi modi per definirla e classificarla (Harre, Verhoshansky, Zatsiorsky, Bosco, Kusnesov, Bompa e molti altri ricercatori).
Personalmente, ciò che denoto, è un approccio che può diventare “scolastico”, concentrandosi su una serie di definizioni che perdono il contatto con la realtà, mancando cioè di una sintesi. Ogni autore dà la sua definizione di forza, impararle tutte a memoria non ha molto senso, va compreso cosa c’è dietro.
La necessità di classificazione deriva dalla necessità di semplificazione, ma ogni classificazione deriva a sua volta dal modello che ogni autore fa: io suddivido per semplicità le manifestazioni della forza e poi le uso per dare delle indicazioni su come fare le cose. Se non si comprende questo, sembra che ogni autore sbrocchi da una parte, con decine di definizioni cavillose.
Una delle difficoltà nella sua caratterizzazione è data dalla correlazione fra azione di un muscolo ed effetto che esso stesso produce.
Nel disegno, la contrazione muscolare provoca un accorciamento del muscolo stesso che andrà ad agire sulla leva facendola ruotare, sollevando l’altro estremo dove è presente una resistenza. La contrazione del muscolo è contrastata dal carico stesso, pertanto ai capi del muscolo verrà a crearsi una tensione muscolare.
Nella letteratura tematica anglosassone viene fatta distinzione fra strength e force: in Supertraining di Mel Siff “strength is defined as the ability of a given muscle or group of muscles to generate muscular force under specific conditions”. Strength è così l’abilità del muscolo di produrre tensione ai suoi capi, che si manifesta esternamente come una force, forza muscolare, l’effetto di quella tensione.
La strength/tensione è un qualcosa di metabolico, la force/forza qualcosa di meccanico: esiste una relazione nel senso che la prima, definibile come carico interno, causa la seconda, definibile come carico esterno, ma questa relazione è molto complicata.
Nel disegno il classico curl con manubrio da 10 kg, eseguito lentamente tanto da poter considerare il movimento quasi-statico: notate come la forza sul manubrio sia costante al variare dell’inclinazione dell’avambraccio, mentre la tensione sul bicipite brachiale non lo sia.
Non solo, se voi tenete il manubrio fermo con l’avambraccio parallelo al terreno, il lavoro meccanico è pari a zero, perché non c’è spostamento, ma voi comunque state consumando ATP che viene prodotto per via glicolitica, dato che il bicipite brachiale contraendosi impedisce di auto-ossigenarsi correttamente. Infatti dopo un po’ il braccio va giù, a riprova che il lavoro metabolico è tutt’altro che zero.
La definizione di tensione e di forza correlano così gli aspetti chinesiologico e biomeccanico (la forza), e l’aspetto fisiologico, lo studio di cosa un muscolo produce (la tensione muscolare).
Entriamo più nello specifico.
Nella figura viene indicata una classificazione del tipo di effetto che la tensione produce ai capi articolari del muscolo stesso:
† L’effetto è concentrico o superante o positivo se i capi articolari si avvicinano. La forza generata dalla tensione muscolare è superiore alla resistenza del carico.
† L’effetto è eccentrico o cedente o negativo se i capi articolari si allontanano. La forza generata dalla tensione muscolare è inferiore alla resistenza del carico.
† L’effetto è isometrico o statico o di tenuta se i capi articolari non si muovono. La forza generata dalla tensione muscolare compensa perfettamente la resistenza del carico.
Nella figura seguente, invece, viene indicato il tipo di dinamica della tensione muscolare:
† Isotonica: i capi articolari si muovono ma la tensione muscolare rimane costante.
† Isometrica: i capi articolari rimangono immobili ma la tensione muscolare aumenta.
† Auxotonica: i capi articolari si muovono e la tensione muscolare varia.
† Isocinetica: la variazione di tensione muscolare è prodotta a velocità costante.
Ora, attenzione a non cadere nella prima trappola delle classificazioni. Fate 6 ripetizioni di curl con un manubrio e pensate a che tipo di movimento state facendo.
Sicuramente quando il manubrio ruota verso l’alto il movimento è concentrico, mentre se va verso il basso il movimento è eccentrico. Bene.
· State facendo un movimento isotonico? No perché anche se eseguite il movimento in maniera tranquilla la tensione muscolare non è costante, l’abbiamo visto prima.
· State facendo un movimento isometrico? No, perché i muscoli si accorciano. Ma… esiste un movimento isometrico che segue la definizione? Nemmeno, perché in una isometria alla fine la tensione muscolare diventa costante, non è che aumenta continuamente.
· State facendo un movimento isocinetico? Andrebbe definito cosa si muove a velocità costante. Ammettiamo che sia l’avambraccio a ruotare a velocità angolare costante, il manubrio non ruoterebbe a velocità lineare costante dato che la direzione di questa cambia continuamente.
Il movimento è auxotonico, ma se ci si pensa… tutti i movimenti sono così.. cioè queste definizioni lasciano un po’ il tempo che trovano, perché semplificano troppo cose che sono complicate. Il problema nasce nella parcellizzazione del movimento. Perciò… attenzione: il curl concentrico viene portato anche come esempio di contrazione isotonica, il che è errato, ed è questo che io chiamo “scolastico”: paccate di definizioni senza ragionarci sopra, perché vanno sapute.
Comunque, i vari ricercatori sono in linea fra loro per quanto riguarda queste due tipologie di classificazione anche se per alcuni autori possono esserci ulteriori suddivisioni quali la tensione quasi-isometrica, la vera differenza si ha nella classificazione della produzione della tensione muscolare in termini di intensità, e velocità con cui viene prodotta. Leggete di seguito, poi ne discutiamo.
Ecco uno schema delle più famose e riconosciute classificazioni: in ognuna viene messa in relazione l’intensità della forza con la velocità con cui viene prodotta.
Classificazione di Harre
† Forza massimale o pura: è la forza massima che il sistema neuromuscolare è in grado di sviluppare con una contrazione muscolare volontaria.
† Forza veloce: è la capacità del sistema neuromuscolare di superare una resistenza con una elevata rapidità di reazione.
† Resistenza alla Forza: è la capacità dell’organismo di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza di lunga durata.
Classificazione di Verkhoshansky
† Forza tonica: la capacità di produrre una forza significativa per un periodo di tempo relativamente prolungato, senza che la velocità con cui si sviluppa sia rilevante. È tipica dei movimenti statici o a bassa velocità
† Forza fasica: la capacità di produrre forza per realizzare un movimento ad una data velocità, ma non è necessario che questa velocità sia massima.
† Forza fasico-tonica: si verifica quando si ha il passaggio da attività dinamica ad attività statica o viceversa.
† Forza veloce aciclica: la capacità di produrre forza nel minor tempo possibile per muovere l’intero corpo o parte di esso il più velocemente possibile per un atto estemporaneo (ad esempio, un pugno)
† Forza veloce ciclica: analoga alla precedente, ma l’atto è ripetuto nel tempo (ad esempio, uno sprint)
† Forza esplosiva isometrica: la capacità di produrre forza in condizioni isometriche nel minor tempo possibile (ad esempio, nella transizione fra fase eccentrica e fase concentrica in un movimento pliometrico)
† Forza esplosiva balistica: la capacità di produrre la massima forza in un dato tempo limitato (ad esempio, nel lancio del giavellotto dove c’è un tempo di contatto con l’attrezzo entro il quale è necessario generare la massima forza possibile)
† Forza esplosiva reattiva balistica: analoga alla precedente, con l’aggiunta di una fase iniziale di prolungato allungamento muscolare e conseguente passaggio da regime eccentrico a regime concentrico (ad esempio in un calcio al pallone)
Classificazione di Bompa
† Forza massima: analoga alla definizione di Harre, è la forza massima che il sistema neuromuscolare è in grado di sviluppare con una contrazione muscolare volontaria.
† Potenza: è il prodotto di forza e velocità. La potenza massima rappresenta la capacità di produrre la massima forza nel minor tempo possibile.
† Forza assoluta: la capacità di esercitare la massima forza a prescindere dal peso corporeo
† Forza relativa: rappresenta il rapporto forza assoluta e peso corporeo.
† Riserva di forza: è la differenza tra forza assoluta e la quantità di forza necessaria ad eseguire un movimento specifico durante una gara.
Classificazione di Bosco
† Forza massima: la capacità del sistema neuromuscolare di sviluppare la più alta tensione possibile, per vincere una resistenza elevata, senza limitazione del tempo in cui la forza deve essere prodotta e senza possibilità di modulare la velocità di esecuzione.
† Forza dinamica massima: analoga alla precedente, con la differenza che è possibile modulare la velocità del carico. Senza definire percentuali, è possibile comunque affermare che in questo caso la resistenza è elevata in valore assoluto rispetto alle possibilità dell’atleta ma relativamente meno elevata del caso precedente.
† Forza esplosiva: la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere la massima forza nel minor tempo possibile
† Resistenza alla forza veloce: la capacità di esprimere elevati livelli di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo
† Resistenza muscolare: è la capacità del muscolo di produrre bassi livelli di forza prolungati per lungo tempo.
Esistono altre classificazioni della forza (assoluta, speciale, iniziale, anaerobica, aerobica e altre ancora) pertanto è necessario sottolineare come le definizioni debbano essere funzionali a ciò che deve essere descritto piuttosto che fini a se stesse e avulse dal contesto. In particolare, per forza speciale si intende la manifestazione di forza tipica e propria di un dato sport.
Vorrei riflettere su questo: se osservate la classificazione della forza dei vari autori si nota come di fatto ognuno di questi abbia una sua visione arbitraria e se provate a metterle insieme ci sono aree con molte sovrapposizioni. Ad esempio, come si mappano la forza veloce di Harre con la forza esplosiva di Bosco e la potenza di Bompa? Provateci in due, discutetene, vedrete che a quello che dice l’uno l’altro risponderà con un “si però” del tutto lecito, il che indica, appunto, arbitrarietà nelle definizioni.
Se passiamo alla velocità, con questa si intende la capacità di muovere velocemente una parte o tutto il corpo, e anche qui esiste una ricca classificazione. La più macroscopica distingue una rapidità, cioè la capacità di muovere nel minor tempo possibile una parte del corpo, e una velocità, cioè la capacità di muovere nel minor tempo possibile tutto il corpo, cioè di effettuare una traslocazione.
Analogamente, la resistenza è la capacità di generare un prefissato livello di forza per più tempo possibile, insieme ad altre millemila definizioni. E resistenza e velocità possono ancora essere sminuzzate e parcellizzate.
Tutte queste definizioni vanno sapute, studiate, ma non vi dovete far fregare: ogni classificazione è una semplificazione di qualcosa di complicato, è un tentativo di creare delle categorie che a loro volta creano un modello mentale, ma la realtà non è il modello mentale. Non dobbiamo cioè mai dimenticarci da cosa partiamo, altrimenti la didattica diventa, appunto, “scolastica”: nozioni ripetute a pappagallo, dimenticate dopo gli esami o semplicemente snocciolate per fare scena.
Un muscolo si accorcia, un tendine genera una trazione su un osso che ruota intorno ad una articolazione, l’estremità di questa si muove con una velocità periferia, l’insieme di queste rotazioni crea un movimento complicato che in ogni fase viene a generarsi con livelli di forza variabili in termini di intensità e velocità di espressione.
Per essere chiari: quando fate uno squat ci saranno fasi in cui la forza applicata al bilanciere si manifesta lentamente, in forma quasi statica, altre fasi in cui si manifesta in tempi così ristretti da essere classificabile come dinamica. La velocità è così una manifestazione della forza, deriva da questa (meglio, la variazione di velocità, cioè l’accelerazione, deriva dalla forza e così indirettamente la velocità stessa deriva dalla forza). Analogamente, anche la resistenza è una manifestazione della forza nel tempo.
Cosa hanno infatti in comune le classificazioni della forza? Che è sempre presente una forma di velocità di espressione della forza.
Il grafico mette in relazione la produzione della forza muscolare con la velocità che produce. Fu Hill per primo a derivare la legge forza-velocità per una fibra muscolare, legge che poi è stata estesa impropriamente a muscoli e poi a movimenti. Uso il termine “impropriamente” perché sperimentalmente è vero che si rileva la stessa legge, ma a fronte dei dati non è che ci sia una spiegazione fisiologica del perché abbiamo una iperbole equilatera. Però, non addentriamoci in cose che non hanno adesso rilevanza.
Il grafico mostra la suddivisione della forza di Bosco, è possibile affermare che la forza massima e la forza esplosiva siano caratterizzate da fattori neurogeni, mentre la resistenza alla forza esplosiva e la resistenza muscolare sono caratterizzate da fattori metabolici, da cui la conseguente rappresentazione.
Perciò, la velocità è l’effetto finale della produzione di tensione muscolare, e la resistenza è l’effetto finale della produzione nel tempo di questa tensione. Se volete, non esistono né velocità né resistenza da un punto di vista biologico, esiste solo la capacità dei muscoli di accorciarsi. Fine. Il resto è tutta una classificazione dei fenomeni. Vi prego di sospendere il giudizio, sto mettendo carne sul fuoco.
Ne aggiungo altra.
Supponiamo di fare il curl con un manubrio ruotando l’avambraccio a velocità V. A questa velocità corrisponde il carico F1 e così il punto giallo in alto a sinistra sulla curva. Supponiamo di fare lo stesso con un carico F inferiore al carico precedente, possiamo ruotare l’avambraccio più velocemente, a velocità V1 a cui corrisponde il punto giallo più in basse e più a destra sulla curva.
Ipotizziamo che il carico F1 sia quello corrispondente al mio massimale di curl, perciò la velocità V è la velocità del massimale, che sarà bassa ma principalmente sarà irrilevante quando faccio un massimale: questo, infatti, per definizione è il massimo carico sollevabile in un movimento indipendentemente dalla velocità. Se faccio un massimale, voglio sollevare il più possibile e me ne sbatto della pippe sulla velocità che lascio a quei f… ehm ok, andiamo avanti.
Ci sono esperimenti, proprio nel curl, dove all’aumentare della forza massimale a bassissima velocità, si ha anche un aumento della forza veloce, ad alta velocità.
Nel grafico qua sopra è descritto l’aumento del massimale: a parità di velocità V massimale, la forza massimale si incrementi da F1 a F2. Questo incremento di forza “tira su” tutta la curva che passa da essere quella adesso tratteggiata all’altra. Si nota come, a parità di forza F, la velocità che si viene a creare è adesso V2, più elevata di V1.
Allenando la forza massimale ho allenato anche la forza veloce. Cioè a fare curl massimali divento più veloce con meno peso. Addirittura, allenando isometricamente il curl, cioè mettendo un peso che posso solo tenere fermo ed incrementandolo sempre di più, la forza veloce aumenta.
Bene. Perché allenando una forza lenta aumenta anche quella veloce, esplosiva, dinamica, chiamatela come vi pare?
Ma non solo.
È ben noto che incrementando ulteriormente la forza massimale non si abbiano più dei miglioramenti nella forza veloce, cioè la curva è vero che si “tira su”, ma alla fine si tira su solo a sinistra, cioè nella zona a bassa velocità, non in quella ad alta velocità.
C’è un momento, cioè, in cui allenare la forza non rende più veloci, un errore che commettevamo quando facevamo Atletica e che spero oggi non si faccia più.
Di nuovo: perché aumentando ancora la forza non migliora più la velocità?
Il punto è sempre lo stesso: concentrarsi sul particolare perdendo di vista il quadro generale. È vero, la velocità è una manifestazione della forza, e su di questa ci concentriamo, come prodotto dell’accorciamento muscolare. Ma dobbiamo andare ancora più a monte, considerando un particolare dato per scontato ma che invece è il fulcro di tutto: generiamo forza, cioè facciamo accorciare i muscoli, per creare dei movimenti. Il movimento è una reazione all’ambiente: l’ambiente crea delle sensazioni, degli input che vengono processati, l’output è un movimento di reazione che si esplicita attraverso degli accorciamenti muscolari che creano una tensione che crea una forza che crea una velocità bla bla bla.
Il movimento è generato dal Sistema Nervoso. Perciò la forza è una manifestazione del Sistema Nervoso.
E questo sarà l’argomento del prossimo palloso articolo dove cercherò di dare una risposta alle domande che schizofrenicamente mi sono posto.
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