Eh si… questi articoli sono pallosetti… le definizioni sono mortali, come sempre. Però sono necessarie e anche utili se non sconfinano nel nozionismo fine a se stesso. Il punto è che le definizioni vanno sapute, come le tabelline, e vanno sapute per bene, con i termini giusti. Non è la stessa cosa cambiare i termini, quella è la spiegazione, non la definizione.
Quando dico queste cose sono preso sempre come un precisino, ma semplicemente perché le persone sono pigre e non vogliono riflettere, mi spiace. Ognuno, nel suo contesto, è preciso e pretende che anche gli altri lo siano. Quando cambia contesto però… la stessa precisione viene presa come “eh che palle”.
Se scrivo “fai la panchina 3 volte per 5 azioni e stai buono per 3 minuti fra le volte” voi come mi rispondete? “No, devi dire fai panca per 3 serie di 5 ripetizioni recupero 3 minuti”.
“eh panca, panchina, sempre steso devi essere…”
“serie, volte, si capisce lo stesso”
“ripetizioni, azioni, ma tu fai qualcosa, no? Agisci, allora va bene anche azione”
“ma quando recuperi che fai? Stai buono no… e allora sarè uguale!”
Ok, io dico che vi incazzereste a sentirvi dire così. Perché esiste un linguaggio “tecnico” e c’è da conoscerlo, non a pappagallo ma tanto da poterlo utilizzare. In palestra si definisce “ripetizione” un movimento del corpo e/o di un attrezzo che ha un inizio ed una fine e che è codificato secondo una serie di regole, si definisce “serie” l’insieme consecutivo di più ripetizioni. Se si va a vedere, i concetti che esprimiamo sono descritti da delle definizioni, anche in palestra, e quando ci dicono fischi per fiaschi ci incazziamo.
Analogamente, per quanto le descrizioni seguenti potranno essere pallose (e non insisto ad essere pedante come invece sono nei testi veri), devono essere conosciute. Quanto meno per contestarle.
Proviamo a scendere un po’ nel dettaglio delle capacità coordinative, a cui si attribuisce, semplificando, la caratteristica di essere legate all’apprendimento motorio.
La capacità di reazione
È la capacità che ci consente di reagire ad uno stimolo. Accade qualcosa, reagiamo. Alla capacità di reazione corrisponde un tempo di reazione, perciò questa capacità è misurabile tramite il tempo di reazione. Nel disegno le tre fasi che si succedono in sequenza quando prendiamo una decisione a fronte di uno stimolo:
1) Identificazione dello stimolo – siamo costantemente bombardati da stimoli esterni di tutti i tipi, questi creano delle sensazioni, cioè la trasformazione dello stimolo (ottico, chimico, fisico) in un segnale elettrico verso il Sistema Nervoso. Solo quando questo stimolo arriva alla nostra corteccia sensitiva diventa percezione, cioè la rappresentazione cosciente dello stimolo stesso.
2) Selezione della risposta – sulla base delle informazioni che abbiamo ricevuto e delle nostre conoscenze pregresse noi scegliamo cosa fare
3) Programmazione della risposta – una volta scelto cosa fare, decidiamo come farlo.
Questa è una capacità coordinativa ben complessa, perché coinvolge, se andiamo a vedere, tutto il Sistema Nervoso. Si capisce anche come sia più semplice rispondere ad uno stimolo fisso come lo sparo di una pistola rispetto ad un piattello che può scappare da più punti. Il tempo di reazione, cioè, è influenzato da quante possibilità di scelta posso avere, più possibilità si hanno e più il tempo di reazione cresce.
Esistono tantissimi studi sui tempi di reazione, su come le azioni vengono processate, sul meccanismo delle finte, delle anticipazioni, come si può ingannare un avversario e così via. Questa capacità è molto… cerebrale e meno muscolare di quanto si pensi, se usciamo dal banalizzarla immaginandola sempre come propria del 100 metrista: in quel caso si tratta di un tempo di reazione semplice, azione e reazione sempre identici a se stessi e così molto dipendenti proprio dalla genetica della reattività del sistema neuromuscolare, non ci sono scelte da prendere o programmazioni da eseguire.
Un marzialista ha una capacità di reazione che deve far fronte a scelte complesse nel minor tempo possibile, scelte che dipendono anche dalla sua capacità di lettura dell’avversario, cioè deve essere in grado di avere anche le percezioni giuste, di filtrarle dalla miriade di dati ambientali che lo bombardano durante la competizione, deve percepire, non solo con la vista, i varchi nella difesa dell’avversario e sulla base di questi selezionare una risposta.
Più l’atleta è in grado di creare un continuum fra percezione e risposta e più sarà veloce a reagire alle mosse avversarie. In questo caso la capacità di reazione è allenabile tramite la ripetizione ossessiva e martellante di movimenti che creano questo continuum per un intero ventaglio di possibilità. Più l’atleta avrà esperienza di possibili situazioni in combattimento e più sarà in grado di scegliere velocemente.
Un marzialista esperto reagisce a certi stimoli senza pensare, a livello subcosciente: questo significa che ha meccanizzato così tanto certi schemi motori che non deve più scegliere coscientemente, rendendo minimi i suoi tempi di reazione.
La capacità di reazione riguarda, cioè, la capacità di scegliere cosa fare nel minor tempo possibile.
La capacità di trasformazione
La capacità di trasformazione ci permette di modificare una azione motoria in atto, sulla base delle variazioni del contesto ambientale, interno ed esterno. Viene sempre presentata con l’esempio del tizio che corre e trova una buca, e trasforma la corsa in un salto, ma questa è una variazione del contesto ambientale esterno. Immaginiamo invece una risalita da uno squat dove si inizia a perdere l’equilibrio o un salto per afferrare la palla che viene deviata all’ultimo momento: anche qui è necessario operare una trasformazione del movimento o quanto meno di una parte, a fronte di un cambiamento interno nel primo caso ed esterno nel secondo caso.
In altre parole, la capacità di trasformazione possiamo vederla come una materializzazione della capacità di reazione, è il risultato finale della reazione a fronte di un cambiamento di contesto, perciò questa capacità è intimamente legata alla capacità di scelta veloce.
Nel dettaglio, per parlare di capacità di trasformazione è necessario che l’azione sia continua, senza pausa, altrimenti si parla di due azioni separate e consecutive e non di trasformazione dell’azione stessa.
La trasformazione può essere:
· Parziale – non si snatura l’azione motoria in atto, ma se ne trasforma una parte. Una variazione di direzione, ritmo, velocità, di parte dei movimenti. Ad esempio, deviare la propria corsa, rallentare, accelerare, cambiare l’angolazione di un colpo.
· Totale – viene a cambiare la tipologia di azione motoria, dalla corsa al salto, una nuova combinazione di colpi, un altro tipo di movimento, ma sempre con continuità.
Queste due capacità non a caso fanno parte dell’adattamento motorio, perché permettono a ciò che sappiamo fare di essere speso per la nostra sopravvivenza, adattandolo all’ambiente, cioè utilizzando le conoscenze apprese per ottenere un dato risultato che può far sempre parte dell’esperienza o essere qualcosa di totalmente nuovo.
La capacità di accoppiamento e combinazione
Per far capire la finezza della classificazione delle capacità, descrivo la capacità di accoppiamento e trasformazione che è la capacità di mettere in sequenza una serie di movimenti parziali per creare un atto motorio complesso. Questi atti parziali possono essere eseguiti in successione o simultaneamente. La precisione di un movimento è così data dalla capacità di chi lo esegue di farlo aderendo agli standard del movimento stesso, standard che possono essere espliciti o impliciti.
Cosa, cioè, caratterizza “uno che lo sa fare” un dato movimento? Se è un ginnasta che esegue un movimento obbligatorio, l’atleta è esperto se lo esegue aderendo perfettamente a quanto richiesto, in termini di successione dei movimenti che deve eseguire e di qualità degli stessi: lo standard è esplicito. Se però osserviamo un artista di un circo, “lo fa bene” anche lui il movimento, eppure nessuno ha codificato nulla: semplicemente ci aspettiamo una precisione del movimento stesso (e che caratterizza qualunque movimento “fatto bene”, ma ne riparleremo).
La capacità di accoppiamento e combinazione è pertanto la capacità di eseguire una sequenza di movimenti, globali o parziali, più o meno lunga. La sequenza però è fissa ed immutabile, infatti questa capacità riguarda l’apprendimento motorio, non l’adattamento motorio all’ambiente.
Insisto, però, nel voler comunicare che questa sia una distinzione di comodo, e che le capacità si compenetrino.
Prendiamo come esempio un giocoliere, uno di quelli che in equilibrio su un monociclo fa girare intorno a se delle palline con una mano e con l’altra fa roteare degli anelli. Chiaro che ha una enorme capacità di accoppiamento e combinazione, addirittura realizza quella che si chiama indipendenza segmentaria dissociata, cioè la capacità di muovere gli arti, i segmenti, in modo indipendente l’uno con l’altro e anche con velocità e ritmi differenti, in maniera dissociata l’uno con l’altro.
Però durante il suo numero possono capitare le cose più disparate, che so… il fondo dove esegue il numero non è perfettamente piano ma c’è una piccola buca, gli scappa uno starnuto, una luce lo abbaglia… perde l’equilibrio (di cui non abbiamo parlato) e per riprenderlo è costretto a variare la velocità della pedalata o ad allungarsi per riprendere una pallina, è cioè costretto a trasformare il movimento, usando la sua capacità di trasformazione.
Però non è che sceglie… ora combina, ora trasforma, semplicemente… fa, in un movimento globale. Notate, poi, come abbia parlato di equilibrio. Ma non lo abbiamo ancora definito. Tipicamente quando per descrivere un concetto se ne introduce un altro non definito, i due concetti si compenetrano (a meno che chi scrive non abbia le idee chiare eh… anche questa è una spiegazione).
Tutto questo per ricordare che queste classificazioni siano sempre da valutare e lo so che sono palloso a rimarcarlo, ma vedremo, quando parleremo della capacità “forza” come tutto questo sia importante e come, secondo me, il dimenticarsi di questo generi poi tutta una serie di nozioni fuorvianti che sono tipiche dello studente di Scienze Motorie.
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